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Provar mi voglio in questo agone, Versando versi in un mare di prose, Io smovo l'acque con rime sinuose E sfido voi, colleghi, alla tenzone. Sonetti chiari, fate attenzione; Versi quattordici e rime forbite; Mi raccomando la sillabazione, Un errore è permesso, che ne dite? Se tu onori il regolamento, Giochi d'astuzia con penna veloce, V'a tutti un miglior divertimento. Qualunque tema al mondo ci sia: Amore, guerra o pasta che scoce, Cantarlo puoi. Che sia melodia!
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C'erano queste donne. Erano inginocchiate una accanto all'altra, coi volti rivolti a terra. Erano belle, di una bellezza ancestrale. Si tenevano per mano e cantavano soavemente in una lingua sconosciuta. I loro capelli ondeggiavano al vento. Si confondevano gli uni con gli altri, creando striature multicolore. Il bianco delle tuniche che indossavano accecava chiunque si soffermasse a guardarle. La neve gelida che cadeva prepotente dal cielo sembrava non avere alcun effetto su di loro. Rimasi a lungo fermo a guardarle. Rabbrividivo nel mio cappotto grigio, incantato da quel mistico spettacolo.